sabato 30 giugno 2012

Risposta al blog Asiaticom di Raimondo Bultrini

Qualche giorno fa ho scritto un paio di lunghi commenti in risposta ad un post del blog di Raimondo Bultrini, Asiaticom. Bultrini ha evidentemente deciso di non pubblicare i miei post e quindi li posto qui, tali quali.
 I toni, che possono risultare un pò scortesi, soprattutto del primo post, sono da intendere come risposta alle affermazioni di Bultrini relative ad un lettore, che l'Autore accusa di "viaggiare senza vedere e senza conoscere la storia", di fare "viaggi senza bussola" e di trovare le sue affermazioni "terribilmente volgari" solo perché il lettore non la pensa allo stesso modo.
Il fatto che i miei post non siano stati pubblicati può significare 3 cose:
1-solo l'Autore del blog si arroga il diritto di scrivere lunghi post di risposta
2-l'Autore del blog si arroga il diritto di essere scortese con i propri lettori ma non è disposto che essi siano scortesi con lui
3-L'Autore del blog alla faccia della libertà e tolleranza di facciata non ammette repliche alle proprie tesi. Mi accingo a postare un altro messaggio sul blog di Bultrini, in cui rimando qui. Se verrà pubblicato, probabilmente l'opzione 1 o 2 sono corrette. Se neanche questo messaggio verrà pubblicato, probabilmente l'opzione 3 è quella corretta. Aggiornerò il post a breve con la risposta [vedere aggiornamento alla fine del post].

27 giugno 2012 alle 10:30

 @Mario Zampiero Secondo me hai commesso un errore, e cioè avere fiducia della “onesta intellettuale”, e quindi nell’imparzialità, di chi invece è dichiaratamente “partigiano” e quindi parziale. Partigiano tra l’altro di una “parte” a forte connotazione religiosa, e quindi non approcciabile tramite pragmatismo e analisi dei fatti ma soggetta a distorsioni ideologiche. E’ quindi purtroppo inutile tentare di discutere in maniera logica e “super partes” con chi “super partes” non è. Con chi, ad esempio, è pronto ad accettare per genuine le dichiarazioni del Dalai Lama su “genocidi culturali” e richieste di “autonomia e non indipendenza” e di “proteste pacifiche” ma a bollare come ipocrita propaganda le dichiarazioni di Pechino sulla ricerca di “armonia”. A chi è “super partes”, appare ovvio che si tratta di dichiarazioni propagandistiche di entrambe le parti, ma, evidentemente, ciò non è cosi banale per chi è dichiaratamente “partes”.

Eppure basterebbe andare a vedere cosa scrive il Dalai Lama in merito sui documenti ufficiali riguardo all’autonomia del Tibet(la regione storica, non quella ufficiale, quindi quasi 1/4 del territorio cinese, d’altra parte Tenzin Gyatso stesso non è di origini propriamente tibetane). Oppure riflettere sul fatto che finora il Dalai Lama non ha fatto nulla per fermare i giovani che si immolano in suo nome, se non blande dichiarazioni di impotenza (proprio lui, l’idolo indiscusso di chi compie tali azioni).

D’altra parte il pacifismo, nei fatti, non è mai stato una priorità dell’Oceano di Saggezza, dai tempi delle amicizie naziste a quelli del suo diretto coinvolgimento nei campi di addestramento armato dei guerriglieri tibetani sponsorizzati dalla CIA fino al suo supporto e legittimazione dietro lauto compenso della setta di Shoko “Gas Sarin” Asahara, Aum Shinrikyo e al supporto per il presidente Bush e le sue “buone intenzioni” specialmente il suo supporto alla guerra in Afghanistan rende chiaro che il Dalai Lama proprio non porge l’altra guancia.

 Immagina poi cosa verrebbe detto di un italiano che parlasse di “genocidio culturale” della cultura milanese, poichè il governo italiano ha promosso l’immigrazione di massa dei meridionali verso il nord, al punto che ormai essi rappresentano la maggior parte della popolazione delle grandi città settentrionali. Neanche i più fanatici leghisti si spingerebbero a fare affermazioni simili.

Tra l’altro, conosco moltissimi cinesi di etnia mongola e sono tanto orgogliosi delle loro origini mongole quanto del fatto di essere cinesi. E non vedono assolutamente alcuna contraddizione in ciò, essendo tra l’altro due culture interrelate e soggette a reciproche influenze da centinaia di anni, con dinamiche simili peraltro a quelle in atto sempre da centinaia di anni tra cultura tibetana e cinese (e se per questo anche la cultura mongola e quella tibetana sono strettamente intrecciate, anche se sarebbe assurdo parlare di genocidio culturale subito dai mongoli da parte dei tibetani dato che in Mongolia è diffuso il buddismo tibetano). Una sparuta minoranza tra i mongoli cinesi che conosco, ce l’hanno con il governo cinese e con gli han, ma ovviamente questi sono quelli che hanno più risalto presso i media e sono quelli che più spesso sono in contatto con i giornalisti “occidentali”.

Ti conforto poi sul fatto che a me sembra chiaro che la tua ultima affermazione si riferisce all’ipocrisia della cultura occidentale e dei suoi rappresentanti, sempre pronti a vedere la pagliuzza negli occhi altrui ma mai la trave nei propri, per rimanere in tema religioso. Evidentemente l’ideologia di alcuni, oltre alle travi, negli occhi ci mette anche qualche fetta di salame. (e spero che ciò non risulti terribilmente volgare..)

28 giugno 2012 alle 21:11

 nella lunga attesa e speranza che il mio precedente post venga approvato, vorrei se possibile controbattere ad alcuni punti della risposta dell’Autore al lettore Zampiero.

“Basterebbe riflettere sulla sorte dei mongoli”
Forse non si riflette abbastanza spesso sulla complessità delle dinamiche sociali presenti in Cina. Vorrei ricordare un avvenimento successo circa un anno fa (ricordo che amici mongoli emigrati nelle città dovettero tener chiusi i negozi una settimana per paura di scontri), quando un camionista Han uccise barbaramente investendolo un uomo di etnia mongola che bloccava il passaggio nel corso di una protesta contro le condizioni di lavoro nelle miniere di carbone. La risposta del governo cinese fu quella di emettere in tempo record una condanna a morte per il camionista. Questo per evidenziare, a prescindere dalla gestione politica della giustizia, che l’obbiettivo primario del PCC è sempre lo stesso, quello che peraltro il governo stesso non smette mai di dichiarare, e cioè la stabilità, a prescindere dall’etnia. Tant’è vero che è risaputo che le minoranze godono di privilegi che sono spesso negati agli Han. La politica del figlio unico non si applica alle minoranze, che godono anche di sgravi fiscali, agevolazioni per l’ingresso in università, tariffe sanitarie scontate, ecc.. Inoltre nei villaggi rurali ancora adesso si usa la lingua locale e il cinese, e ovunque le insegne sono almeno in due lingue. Insomma, se tali politiche fossero applicate in Italia, sarebbero il sogno di tutti i leghisti. Questo per dire che l’equilibrio tra il preservare le tradizioni e la modernità è estremamente difficile da raggiungere, se non impossibile. E tutto sommato le politiche del PCC non sono tra le peggiori a riguardo. Riguardo le migrazioni di massa, non sono certo iniziate con l’avvento del PCC, essendo dinamiche in atto perlomeno dall’ottocento, anche solo per ragioni geo-demografiche.

“i soldati cinesi sui tetti delle pagode”
qui mi sembra che sia l’Autore a macchiarsi di ciò che Egli addossa al lettore, e cioè di ignorare il contesto storico-sociale. Ricordo solo le proteste del 2008, in cui la città fu messa a ferro e fuoco dai rivoltosi, a prescindere dalle cause e le ragioni, che qui non è possibile approfondire.

“nel vedere una statua della Cappella Sistina per sempre deturpata dai picconi delle guardie rosse” qui l’autore omette di menzionare che i maggiori scempi di monumenti storici tibetani furono commessi in larga parte dai giovani tibetani delle classi popolari, spesso colti da furia cieca e pseudo-liberatoria per reazione alla consapevolezza di non essere più sottomessi al giogo della casta dei lama. Non lo dico certo io ma, per esempio, uno dei più rispettati conoscitori della storia tibetana, il dissidente cinese Wang Lixiong

 “Al Dalai lama, nel lontano 1959, non fu data la possibilità di guidare il Paese"
forse potrebbe centrare qualcosa il fatto che fosse in combutta con la CIA già da diversi anni?

“chi può dire oggi se il corso del Tibet governato dal Dalai lama – nell’ipotesi che la Cina non l’avesse invaso – sarebbe stato più moderno e umano di quello cinese?”
come scrive l’Autore, la storia non si fa con i se e con i ma. Possiamo però studiare come andarono a finire tentativi simili, per esempio quello di Tsarong, illustre e celebre tibetano al servizio del 13mo Dalai Lama, che ci provò negli anni ‘30 e venne per questo duramente punito e degradato dall’aristocrazia tibetana, prima di morire in una prigione cinese.

 “i tibetani non hanno avuto nessun ruolo – se non cerimoniale – nelle gerarchie comuniste nazionali”
 Questa è una affermazione oggettivamente falsa. Solo per citare un esempio, faccio quello di Ngapoi Ngawang Jigme, nato nell’aristocrazia tibetana, combattente dell’esercito tibetano della prima ora, ha ricoperto importanti ruoli di rilievo nazionale ed internazionale all’interno del PCC, ed è ancora oggi rispettato sia dai cinesi che dai tibetani

“Sarebbe interessante leggere quali “straordinari passi in avanti in tema di diritti umani” siano stati compiuti in Cina”
Questa è un’affermazione a cui francamente ormai chiunque guardi la questione Cina con un minimo di obiettività potrebbe facilmente rispondere. A prescindere dal miglioramento delle condizioni di vita di centinaia di milioni di persone, un esempio tra molti, le condanne a morte e soprattutto le relative esecuzioni sono in netto e costante calo negli ultimi anni. “esprimere pubblicamente un dissenso di qualunque natura è considerata “un attentato alla sicurezza dello Stato” Anche questo è facilmente refutabile. Se l’Autore conosce il cinese, potrà leggere quotidiamente sui giornali cinesi denunce dei giornalisti riguardo a politici corrotti, condizioni di lavoro non degne, degrado ambientale ed altri temi al momento facenti parte dell’attualità politica e civile cinese. Vorrei fare anche l’esempio di Zhang Boshu, ex prof della Chinese Academy of Social Sciences, uno dei maggiori think tank e accademie cinesi. Egli scrive articoli come questo, in cui afferma senza giri di parole “”Tibetans have already made preparations for a democratic political system. Shouldn’t the central government in Beijing make similar preparations?” A onor del vero, il prof, che non è mai stato torturato, nè imprigionato, è stato recentemente licenziato dalla CASS e fatica a trovare un nuovo impiego. Ma, a pensarci, è cosi diverso da ciò che succede qui da noi? Possiamo immaginarci, chessò, un fervente critico della società occidentale a capo di una cattedra alla LUISS, o un anarchico che insegna alla Bocconi? Oppure, un giornalista di “libero” a favore del centro-sinistra o un giornalista di repubblica (e non ce l’ho in particolare con l’Autore di questo blog) che non sia allineato con il pensiero liberale-pseudodisinistra, tipico dell’occidente? Si potrà obiettare che sono giornali privati ed ognuno segue ovviamente una propria linea, ma io francamente faccio fatica, per usare un eufemismo, a trovare testate che rappresentino un pensiero autonomo e indipendente, slegato da quei pochi determinati e ormai arretrati schemi di pensiero che la fanno da padrone.

UPDATE 02/07/2012
Al momento Bultrini, che ha pubblicato un ulteriore lungo post di risposta agli interventi di cui sopra, ha pubblicato solo uno (il secondo) dei mei commenti, tra l'altro dopo un mio ulteriore sollecito. L'intervento pubblicato è stato in parte sintetizzato da Bultrini, ma senza che ciò ne pregiudichi il significato. Dispiace la non motivata "censura" (voluta o meno, ma tant'é..) dell' intervento relativo ad alcuni aspetti meno pubblicizzati della vita del Dalai Lama. Anche perché Bultrini nella sua risposta fa riferimento ad alcune frasi di tale intervento, ed i suoi lettori rischiano di non comprendere pienamente ciò di cui si sta discutendo.

martedì 18 ottobre 2011

Adolescenti Immolati in Tibet

E' notizia di oggi quella della giovanissima monaca tibetana morta dopo essersi data fuoco per protesta contro l'"occupazione cinese" e per il fine di un Tibet indipendente. E' il nono incidente di questo tipo da quando Mohamed Bouazizi è morto nello stesso modo in Tunisia dando inizio alla "primavera araba".
Un atto estremo di disperazione e frustrazione è stato trasformato in una strategia meditata a sangue freddo orientata all'ottenimento di una rivolta e dell'indipendenza.
Tale nuovo atroce "stratagemma" non mi sorprende, poichè era stato preannunciato da lungo tempo che le tecniche dei movimenti independentisti tibetani avrebbero nuovamente abbandonato la non-violenza per cercare metodi di lotta a loro dire più "efficaci".
Non stupisce neanche che i soliti noti tendano a promuovere tali atti di (auto)violenza, come per esempio il già discusso Jamyang Norbu che scrive

"supporters fail to overcome their first natural reaction of dismay and horror, and are unable to view the sacrifices of the monks in the way that those young men wanted them to be seen: as calls to action for the cause of a free and independent Tibet.[...]There can be no doubt that the men acted not out of despair, not because they could not go on living any longer, and not because they thought it was all over for the Tibetan freedom struggle. [...] The self-immolations of the eight young monks were revolutionary acts of ultimate sacrifice to rouse the Tibetan people to action"

Ciò che dovrebbe sorprendere maggiormente è che al momento lo stesso Dalai Lama non sembra aver rilasciato nessuna dichiarazione orientata a fermare tale folle piano che porta giovani adolescenti a sacrificarsi tra atroci sofferenze in suo nome.
Le reazioni del leader dell' (ex) governo tibetano in esilio si sono limitate a esprimere "cordoglio" ed accusare come da prassi il governo cinese, senza alcun accenno al fatto che atti di violenza e suicidi dovrebbero essere vietati secondo le leggi del buddismo tibetano, come del resto lo stesso Dalai Lama aveva ribadito a seguito di un episodio simile ma isolato avvenuto nel 1998, prima che tale usanza divenisse strategia.
E' lo stesso Norbu che si compiace che

"This time around the Dalai Lama has not made any direct statement about the self-immolations, and the exile-administration has not called for it to be stopped. I am grateful for this reprieve, but I’m not holding my breath. Yet perhaps, finally, the leadership of the struggle has truly passed on to those willing to die for it."

In un mondo ideale, dovrebbe essere chiaro a tutti che tali tragiche e distorte pratiche non giovano a nessuno, ovviamente non al governo cinese, né alla causa tibetana né soprattutto ai giovani monaci tibetani. E ciò potrebbe essere un'occasione per trovare un punto di incontro tra RPC e CTA, con l'interesse comune di fermare i suicidi e allentare la tensione. Ma nel mondo reale nessuna delle parti in causa è interessata a trovare soluzioni di compromesso. Non il governo cinese, patologicamente incapace di comprendere come andare oltre al pragmatismo anti-ideologico che tanti traguardi ha permesso di raggiungere, ma non di conquistare i cuori oltre alle menti, dei tibetani cosi come di buona parte del resto del mondo.
E non il Dalai Lama, indaffarato a trovare il modo di continuare la propria lotta in condizioni sempre meno propizie, arrampicandosi sugli specchi per trovare il modo di mantenere il controllo anche dopo la propria uscita di scena, affermando che il governo cinese non ha diritto a scegliere il suo successore in quanto ateo. Accusando quindi la Cina di "doppi standard" non rendendosi conto dell'ironia che provoca tale affermazione se seguita da quella per cui la successione per reincarnazione del Dalai Lama o meno verrà decisa, in un curioso mix di usanze religiose ancestrali e teorie politiche moderne, in maniera democratica dal "consiglio dei saggi", e comunque non è detto che il Dalai Lama debba reincarnarsi in un neo-nato, potrebbe anzi scegliere di trasferire i propri "poteri mentali" ad un'altra persona già adulta. Insomma, un avvicinamento alle pratiche cattoliche del papato, molto più pratiche dal punto di vista della trasmissione del potere. Niente di strano in un mondo post-moderno post-coloniale, né più né meno di un governo dichiaratamente ateo che voglia scegliere (come peraltro è avvenuto almeno dal '700, quando il Tibet era un protettorato cinese, fino al collasso e perdita di controllo del territorio della Cina all'inizio del XX secolo) il successore di una casta religiosa.

venerdì 16 maggio 2008

Letture Interessanti: Round Up

Con questo commento raccolgo un'ulteriore selezione di articoli secondo me meritevoli di essere letti, presi dalla sezione "Letture Interessanti" qui a destra, divisi per argomenti.

TERREMOTO IN SICHUAN:

CNReview ospita una lista di organizzazioni di soccorso per l'emergenza in Sichuan.
Crossroads ha una lista simile, altri modi per contribuire con un aiuto economico si trovano cliccando sul banner della croce rossa cinese in alto a destra.
Blogging for China propone anche le considerazioni di un volontario cinese che con un gruppo di amici è andato nelle zone colpite per dare una mano.

"I haven’t closed my eyes for two days. I’m a student from Wuxi’s Professional Health Institute...I really am not used to those Sichuan provincial leaders. We’re chewing on bread rolls, and our beloved PLA Army, Armed Police warriors… they’re chewing only on dried instant noodles. But those leaders are eating two warm dishes and rice. At lunch I saw the premier while he was resting, and he was only eating a roll and salted vegetables. I cried at that moment...The parking lot is the most tragic of places, none of us want to be there. Because we see those injured mothers, staring at their children’s already cold bodies. We grief, and hate ourselves for being so helpless. But we really can’t help, we can’t life those rocks. All that we can do is bring those mothers and fathers a warm blanket on this frigid night."

Chinadialogue ha un articolo di Cleo Paskal su come difendersi dai rischi ambientali.

"the three R’s, are:
• Reinforcing mitigation and adaptation before the event through good planning, communication and regulations;
• Executing an effective rescue during the crisis;
• Supporting a long-term regional recovery to lessen the disruptive social and economic impacts.

By looking at this graph of vulnerabilities, it becomes clear that some of the richest countries are also among the most wanting of counter-measures. In the US, Hurricane Katrina exposed failures on all six fronts...It is also telling what happened to coastal southeast China in the summer of 2006. By August 11, it had been hit by eight typhoons...Here, China failed in reinforcing (government), in part through replicating the US in allowing development in flood prone-areas, but it came through in rescue (government)."

Three Gorges Probe si chiede se la Diga delle Tre Gole col suo peso sia una delle cause della potenza devastante raggiunta dal terremoto, insieme ai movimenti della placca indiana e alle proprietà geologiche del terreno nell'area colpita.
In un altro articolo di TGP si analizzano i dati causati dal terremoto alle dighe circostanti l'area.

Cercando di chiudere con una nota positiva, una minuscola goccia nell'oceano rappresentato dalla tragedia del terremoto, China Daily ha un articolo su una ragazza di etnia han salvata da un ragazzo tibetano e due Qiang.

TIBET:

Nicholas Kristof si è recato nelle regioni tibetane del Gansu e Qinghai, nonostante il divieto delle autorità cinesi, per investigare sulla situazione.

"the recent anti-Chinese protests spread across a larger area in traditional Tibet than is sometimes realized. This was, in effect, a popular uprising against Chinese rule throughout Tibetan areas, and the region is still seething...The Dalai Lama and pro-Tibetan Westerners were far too leisurely about condemning Tibetan brutality, and America came across as hypocritical for apparent indifference when the victims in Tibet were Chinese...But even where protests were entirely peaceful, the repression has been merciless...At Labrang Monastery in Xiahe, almost 10,000 feet high in the mountains, more than 220 Buddhist monks were arrested and beaten, local Tibetans said. The great majority has been released, but some are still hospitalized because of injuries. Some monks are hiding in the mountains, and they are all terrified...Living standards have improved," the herdsman conceded, yet he had joined the demonstrations against Chinese rule. His priority, he said, wasn't wealth but freedom to worship the Dalai Lama."

(UPDATE 18/05: è uscito un altro articolo di Kristof sul suo viaggio, anche questo molto interessante, forse più del primo)

Il prof. Zhang Boshu (张博树) della Chinese Academy of Social Sciences di Pechino ha pubblicato un articolo sul passato recente del Tibet, interessante, oltre che per quanto scritto, anche perchè sembra smentire il fatto che in Cina ci siano limiti insuperabili a ciò che si può scrivere (il prof. arriva a scrivere che "Tibetans have already made preparations for a democratic political system. Shouldn't the central government in Beijing make similar preparations?"):

"In 1962, the Panchen Lama, who was ranked as a "national leader" wrote a letter to Premier Zhou Enlai expressing his deep sorrow at what he had seen and heard of the suffering of the Tibetan people...I might as well quote from it here:
"Formerly Tibet was a dark and barbarous feudal society but there had never been a shortage of grain like that, especially since Buddhism permeated the society, everyone rich and poor, had the custom of helping the poor and giving alms. People could easily support themselves as a beggar, so we never of anyone ever having starved to death."

With opening and reform, especially since the early 1990s and the turn of the new century, the Chinese economy has grown very quickly. The central government has also certainly invested a lot of capital in Tibet...The overall economic level of Tibet improved considerably as a result. However the political structure remained the same as before...in Tibet there is no true religious freedom...An even more deadly consequence of the strict control of religion have been breaks in the transmission of Tibetan Buddhism...since 1959 this continuous process has been interrupted. From the 1980s to the present, although on the surface religious activities have been renewed, it has become hard to find a trace of the very core of the religion...Beijing may not completely trust the statements of the Dalai Lama because overcoming political enmity built up over a long time will take time and face-to-face communication. However, indiscriminately demonizing the other side, charging that the Dalai is the commander in the "Tibet independence camp"...can only put the Dalai Lama in a difficult situation (while he is trying to put pressure on radical forces among Tibetans) and put the Chinese communists into a political dead end (frozen into the rigid face of the dictator ), giving up the freedom of maneuver needed in political negotiations. Isn't this an extremely stupid way to behave?! "

Per un saggio approfondito e competente sulla storia del Tibet recente rimando al sempre valido (e ormai celebre nella blogosfera) articolo di Wang Lixiong.

ALTRO

Qualche altra segnalazione degna di nota:

The Emergence of Real Trade Unionism in Wal-Mart Stores propone una serie di traduzioni da blog cinesi di dipendenti di Wal Mart in merito alla recente costituzione di sindacati all'interno della compagnia.

Infine, per non dimenticare, Dui Hua smentisce che la pena attribuita a Hu Jia sia stata più lieve del solito, come affermato dai media governativi cinesi e avanza ipotesi sui motivi nascosti dietro la celerità di tale sentenza.

domenica 11 maggio 2008

Cyber-warfare


Negli ultimi mesi sono state pubblicate diverse notizie provenienti dai luoghi più disparati in merito a presunti attacchi di hacker cinesi verso siti governativi di altri paesi o di altro genere.

L'ultima delle tante notizie simili è stata pubblicata dal Times of India il 5 Maggio, in cui si afferma che

" The core of the assault is that the Chinese are constantly scanning and mapping India’s official networks. This gives them a very good idea of not only the content but also of how to disable the networks or distract them during a conflict.
This, officials say, is China’s way of gaining "an asymmetrical advantage" over a potential adversary."

Solo un giorno prima, il 4 Maggio, notizie simili erano giunte dal Belgio:

"Over the last few weeks, hackers have repeatedly attempted to break inside the computer network of the Belgium Federal Government as well as other organizations located in Belgium.
On Friday, May 2, Jo Vandeurzen, the Belgian minister of justice, announced that his government believes the attacks were conducted from China, most likely at the request of Beijing.

"The context of this affair and all the clues lead to China," Vandeurzen said. The Belgian Minister added that it was not known whether the hackers had succeeded in their attempt to hack the Belgian government network.
Although it is also unclear why Beijing would target the Belgium network, Vandeurzen suggested that China's interest likely results from the presence in the country of most of the European Union institutions as well as the Headquarters of the North Atlantic Treaty Organization (NATO).
Vandeurzen also suggested that the role played by Belgium in Central Africa might be relevant to this affair."

Nel settembre 2007 c'era stata un'altra ondata di notizie simili: intrusioni informatiche attribuite ad hacker cinesi erano state segnalate in Germania, Francia e Inghilterra. Sempre a Settembre L'Economist ed il Financial Times avevano riportato di un attacco informatico ai danni del Segretario alla Difesa U.S.A. ed ex Direttore della C.I.A. Robert Gates.

Il FT scrive:

"The PLA regularly probes US military networks – and the Pentagon is widely assumed to scan Chinese networks – but US officials said the penetration in June raised concerns to a new level because of fears that China had shown it could disrupt systems at critical times."

L'Economist aggiunge:

"A recent Pentagon report said Chinese military exercises include launching a “first strike” attack on enemy computers, presumably to cripple America's highly networked military operations or, worse, disrupt civilian life there. Achieving “electromagnetic dominance” early in a conflict, says the report, is seen by the PLA as an important means by which the weaker Chinese forces could defeat the stronger American ones. Other “asymmetric” means would include trying to cripple America's military and communications satellites, as demonstrated last January with a missile test that blasted an old Chinese weather satellite."

Un articolo che riassume bene gli eventi è quello del Christian Science Monitor del 14 Settembre 2007:

"When suspected Chinese hackers penetrated the Pentagon this summer, reports downplayed the cyberattack. The hackers hit a secure Pentagon system known as NIPRNet – but it only carries unclassified information and general e-mail, Department of Defense officials said.

Yet a central aim of the Chinese hackers may not have been top secrets, but a probe of the Pentagon network structure itself, some analysts argue. The NIPRNet (Non-classified Internet Protocol Router Network) is crucial in the quick deployment of US forces should China attack Taiwan. By crippling a Pentagon Net used to call US forces, China gains crucial hours and minutes in a lightning attack designed to force a Taiwan surrender, experts say."

L'articolo fornisce un background sullo stato globale e in Cina della Cyber-warfare:

"Today, of an estimated 120 countries working on cyberwarfare, China, seeking great power status, has emerged as a leader.[...] China is hardly the only state conducting cyberespionage. "Everybody is hacking everybody," says Johannes Ullrich, an expert with the SANS Technology Institute, pointing to Israeli hacks against the US, and French hacks against European Union partners. But aspects of the Chinese approach worry him. "The part I am most afraid of is … staging probes inside key industries. It's almost like sleeper cells, having ways to [disrupt] systems when you need to if it ever came to war."

"Probes of the Pentagon system that would bring US intervention should China attack Taiwan are part of a program dating to the 1990s that links cyberwarfare to real-world military action by China's People's Liberation Army. The very probe shows success in China's long-term program, experts say."

Viene anche proposta un'analisi del mondo degli hacker cinesi:

"Much of the hacking prowess in China is attributed to "gray hat" hackers – techie mercenaries, often younger males, geeks proud of the title – who can be mobilized to attack systems if needed, experts say.

In cyberparlance, black hats are hackers whose professional life is spent trying to attack other systems. White hats are those who defend against attacks. But China is regarded as having a substantial number of hackers in the gray middle – cutting-edge technopatriots loosely affiliated with the Chinese government, but who are not formal agents of the state.

This allows many Chinese hackers to exist in a zone of deniability. To be sure, provability and deniability are central in cyberwarfare. The most difficult problem is how to prove who hacks a system."

Si tocca qui un punto cruciale di tutta la vicenda. Gli attacchi informatici, per loro natura, sono virtualmente e praticamente impossibili da rintracciare con certezza. La Cina ha peraltro ufficialmente e sistemicamente negato tutte le accuse che gli sono state avanzate in proposito.

A proposito l'articolo del CSM scrive:

"Analysts say China constantly probes US military networks. But attributing this conclusively to the People's Liberation Army, fingered by German officials in Der Speigel, is almost impossible. To trace attacks to their source requires the help of those who control each link, or router.

Proving cyberattacks involves what Mulvenon calls the "Tarzana, California, problem." How does one know an attack "isn't coming from a kid in Tarzana who is bouncing off a Chinese server?" Mulvenon asks. "You don't. You can't predicate a response based on perfect knowledge of the attacker. But we think that correlation is causation. That is, 'Who benefits?' The best-case analysis is to correlate attacks with what Chinese have always said and written their goals are, which makes them by far the most likely suspect."

Quindi la tecnologia informatica rende possibile compiere attacchi in qualsiasi sistema ma non è in grado di rintracciare con certezza l'esecutore dell'attacco. Per fare ciò è necessario tornare ai tradizionali metodi investigativi e chiedersi chi ha interesse a compiere l'attacco? Chi è interessato all'utilizzo di tali tecnologie?

In effetti è risaputo che l'Esercito cinese ha sempre dato importanza alle tecniche di guerriglia informatica, particolarmente nell'ambito di una concezione di guerra asimmetrica permanente.
Già dagli anni '90 venivano studiate strategie che tenevano in grande conto le tecnologie informatiche, le cui possibilità erano analizzate con particolare riferimento ai potenziali danni che tali tecnologie avrebbero potuto rappresentare in mano a gruppi o individui criminali o applicate a possibili scenari futuri di guerra.
Sono disponibili anche documenti in italiano a riguardo. Nell'introduzione a Guerra Senza Limiti (超限战, Unrestricted Warfare, 1999) di Qiao Liang e Wang Xiangsui, Colonnelli superiori appartenenti all'Aeronautica Militare dell'esercito cinese , il Generale dell'Esercito Italiano Fabio Mini riporta un articolo del 1995 di Hong Shan dell'Università della Difesa che scrive:

"Hu Xiuzhi, direttore della fabbrica militare 7425 di Nanjing, metteva in evidenza che la seconda rivoluzione dell'informazione, che sta ora avvenendo in tutto il mondo (la "superstrada dell'informazione"), è destinata ad influenzare lo sviluppo della difesa nazionale e cambiare le caratteristiche delle operazioni e l'organizzazione delle forze armate. [...] Questa rivoluzione ha la propria punta di lancia nella tecnologia dell'informazione"

Il libro dei due colonnelli presenta la loro teoria di guerra asimmetrica, per cui

"Guerra senza limiti significa superare i confini, le restrizioni e perfino i tabù che separano il militare dal non-militare, le armi dalle non-armi, e il personale militare dai civili."

Tale visione ha la caratteristica di racchiudere in un sistema globale tutti i centri di potere in competizione tra loro, siano essi organizzazioni di tipo governativo, non-governativo, militare, criminale, finanziario, economico, politico, regionali, nazionali, sovra-nazionali o quant'altro, e studiarne le metodologie da essi utilizzate, per avere la possibilità di prevederne le minacce, accertarne i rischi e sviluppare eventuali opportunità.
In questo sistema la tecnologia informatica e la cyber-warfare acquistano una importanza non secondaria, in special modo in un contesto di guerra asimmetrica in cui si è parte "debole" in caso di conflitto convenzionale.

Nella traduzione della C.I.A. di Unrestricted Warfare si legge:

"in past wars, the smallest combat element was the combination of a man
and a machine, and its usefulness would normally not go beyond the scale of battles.

In beyond-limits war, by contrast, the man-machine combination performs multiple offensive functions which span the levels from battles to war policy. One hacker + one modem causes an enemy damage and losses almost equal to those of a war. Because it has the breadth and secrecy of trans-level combat, this method of individual combat very easily achieves results on the strategic and even war policy levels."

D'altra parte, dal punto di vista cinese, la crisi finanziaria asiatica del '97 e il bombardamento dell'ambasciata cinese a Belgrado nel '99, fino alle interferenze di Paula Dobriansky e Nancy Pelosi in Tibet, e alle trasmissioni in tibetano di The Voice of America e The Voice of Tibet, non sono altro che ulteriori tecniche di guerriglia in un contesto asimmetrico, che si affiancano alle strategie confrontazionali poste in atto in un contesto più convenzionale, come quello della NATO o dello Scudo di Difesa Missilistica Globale.

Inoltre, come abbiamo visto nel mondo almeno 120 paesi sono autori di attacchi informatici, e gli stessi Stati Uniti D'America sono all'avanguardia in tal senso. L'aviazione dell'Esercito Americano comprende la 67th Network Warfare Wing, che

"Organizes, trains, and equips cyberspace forces to conduct network defense, attack, and exploitation. Executes full spectrum AF network operations, training, tactics, and management for AFNetOps/CC and combatant CCs."
Questo articolo del Gennaio 2008 pubblicato sulla rivista dell'Air Force U.S.A. dimostra che il Dipartimento della Difesa americano tiene in seria considerazione le notizie di cyber-attacchi alle infrastrutture informatiche U.S.A. e più in generale le potenzialità della "guerra informatica".
Recentemente, a Marzo 2008, è stato pubblicato lo Strategic Vision dell' Air Force Cyber Command, da cui si legge:
"Warfighters rely upon cyberspace to command and control forces in the 21st century.[...] As the nation’s premier global, multi-dimensional maneuver force, the United States Air Force is
charged with safeguarding America by dominating air, space, and cyberspace.[...] Mastery of cyberspace is essential to America’s national security. Controlling cyberspace is the
prerequisite to effective operations across all strategic and operational domains—securing
freedom from attack and freedom to attack. We will develop and implement plans for maturing
and expanding cyberspace operations as an Air Force core competency. We will provide decisionmakers flexible options to deter, deny, disrupt, deceive, dissuade, and defeat adversaries through a variety of destructive and non-destructive, and lethal and non-lethal means."

"Cyberspace is the foundation for a growing portion of our commerce, critical infrastructure,
and national security. Securing our nation’s critical infrastructure will increasingly depend upon effective cyberspace operations and exploitation of cyber technology
"

"Cyberspace favors offensive operations. These operations will deny, degrade, disrupt, destroy, or deceive an adversary. Cyberspace offensive operations ensure friendly freedom of action in cyberspace while denying that same freedom to our adversaries. We will enhance our capabilities to conduct electronic systems attack, electromagnetic systems interdiction and attack, network attack, and infrastructure attack operations. Targets include the adversary’s terrestrial, airborne, and space networks, electronic attack and network attack systems, and the adversary itself. As an adversary becomes more dependent on cyberspace, cyberspace offensive operations have the potential to produce greater effects."

Sembra quindi chiaro che, tornando alla ricerca di chi potrebbe avere interesse ad utilizzare tali sistemi di infiltrazione informatica, la lista potrebbe essere molto lunga.
Francia e Israele sono state implicate in un attacco informatico ai danni di network militari dell'Air Force americana.
E' sempre del ricorrente Settembre 2007 la notizia che in Germania, come negli U.S.A., la polizia potrà usare police-ware per le proprie indagini:

"A scandal is brewing in Germany and elsewhere as revelations spread that the German government plans to use trojans and other forms of malware (so-called "policeware") to spy on and track persons of interest. The plan would entail using official, legitimate e-mail channels (messages from legitimate business or government entities) in order to install specialized malware on the computers of suspected terrorists."

La notizia (update 13/05: il 27 Febbraio la Corte di Giustizia tedesca ha dichiarato l'uso di "policeware" una violazione della privacy e quindi della Costituzione) è ripresa dal Blog di New Scientist nell'interessante commento alla notizia dell'attacco informatico al Pentagono riportato dal Financial Times, in cui si fa notare la coincidenza del fatto che tali notizie, se pur riguardanti fatti risaputi da anni, escono, senza che venga fornito un contesto, in concomitanza di particolari eventi, ad esempio l'incontro di Hu Jintao con Bush e la Merkel, sempre a Settembre 2007, o più recentemente gli scontri in Tibet. In pratica per l'ennesima volta i media utilizzano informazioni slegate dal loro contesto per secondi fini. A questo proposito il Blog Mutant Palm ha pubblicato un paio di post a riguardo delle solite manipolazioni ed esagerazioni dei giornali.

A questo proposito, oltre ai già citati articoli sulle intrusioni in India e Belgio, recentemente (il 10 Aprile) Business Week ha pubblicato un lungo articolo intitolato "The New E-spionage Threat" a riguardo di supposti attacchi compiuti da hacker cinesi, la maggior parte dei quali partiti da un sito di domini web basato a Changzhou chiamato "3322.org". L'articolo riporta anche di una "operazione classificata" del Governo degli U.S.A. chiamata "Byzantine Foothold" creata

"to detect, track, and disarm intrusions on the government's most critical networks".

Altri attacchi (che, perlomeno quelli realmente avvenuti, sembrano essere stati fatti utilizzando tecniche semi-professionali tipo Distributed Denial of Service, sul tipo di quelli utilizzati in scala molto maggiore giusto un anno fa in Estonia) recentemente hanno avuto come obiettivo siti dedicati al Tibet, ad esempio hanno riportato di aver subito attacchi informatici Capital.fr, il sito del Governo Tibetano in Esilio (questo caso particolare è stato da me discusso in un precedente post), e Students For a Free Tibet.

E' chiaro per quanto visto finora che gli indizi presentati dall'articolo di Business Week e dagli altri non possono provare un coinvolgimento reale di hacker cinesi. La tecnologia non aiuta nel rintracciare il vero colpevole dietro il labirinto di server.
E' quindi quantomai necessario non fare di tutta l'erba un fascio, ma piuttosto analizzare i casi ad uno ad uno, per considerare di volta in volta se sia più probabile si tratti di: attacchi che coinvolgono direttamente organi militari o privati atti a prendere il controllo di network strategici o per operazioni di spionaggio; attacchi DDoS o semplici defacement organizzati da gruppi individuali o organizzati che possono essere più o meno allineati alle politiche del proprio governo; accuse fasulle, tentativi propagandisti atti a disinformare per danneggiare l'avversario.

Con la consapevolezza che, per quanto plausibile possa essere a seconda dei casi ciascuna delle varie ipotesi, lo stato attuale della tecnologia informatica, e la struttura stessa di tale disciplina, rendono impossibile accertare chi sia la vittima e chi il carnefice, e di conseguenza un' adeguata e definitiva analisi del livello effettivamente raggiunto dalla Cyber-warfare.

UPDATE 14/05: Punto Informatico ha pubblicato oggi un post relativo a questo articolo (via Threat Level) del Col. Williamson III dell'U.S. Air Force sul Cyberspazio.

venerdì 9 maggio 2008

China: Inside The Dragon

Il numero di maggio di National Geographic è dedicato alla Cina, contiene un articolo di Peter Hessler.



Tra gli altri articoli interessanti c'è ne uno molto lungo, My Life in Forbidden Lhasa, pubblicato dalla stessa rivista nel 1955 a firma dell'ormai famoso ex alpinista, ex nazista Heinrich Harrer, che aveva pubblicato Sette Anni in Tibet 2 anni prima. Un altro articolo più recente (del 2002) sul Tibet è Moving Forward, Holding On.

Questi ed altri articoli, sempre relativi alla Cina, contenuti nella rivista sono raggiungibili dalla pagina iniziale. Da segnalare anche la Geopedia sulla Cina.