martedì 18 ottobre 2011

Adolescenti Immolati in Tibet

E' notizia di oggi quella della giovanissima monaca tibetana morta dopo essersi data fuoco per protesta contro l'"occupazione cinese" e per il fine di un Tibet indipendente. E' il nono incidente di questo tipo da quando Mohamed Bouazizi è morto nello stesso modo in Tunisia dando inizio alla "primavera araba".
Un atto estremo di disperazione e frustrazione è stato trasformato in una strategia meditata a sangue freddo orientata all'ottenimento di una rivolta e dell'indipendenza.
Tale nuovo atroce "stratagemma" non mi sorprende, poichè era stato preannunciato da lungo tempo che le tecniche dei movimenti independentisti tibetani avrebbero nuovamente abbandonato la non-violenza per cercare metodi di lotta a loro dire più "efficaci".
Non stupisce neanche che i soliti noti tendano a promuovere tali atti di (auto)violenza, come per esempio il già discusso Jamyang Norbu che scrive

"supporters fail to overcome their first natural reaction of dismay and horror, and are unable to view the sacrifices of the monks in the way that those young men wanted them to be seen: as calls to action for the cause of a free and independent Tibet.[...]There can be no doubt that the men acted not out of despair, not because they could not go on living any longer, and not because they thought it was all over for the Tibetan freedom struggle. [...] The self-immolations of the eight young monks were revolutionary acts of ultimate sacrifice to rouse the Tibetan people to action"

Ciò che dovrebbe sorprendere maggiormente è che al momento lo stesso Dalai Lama non sembra aver rilasciato nessuna dichiarazione orientata a fermare tale folle piano che porta giovani adolescenti a sacrificarsi tra atroci sofferenze in suo nome.
Le reazioni del leader dell' (ex) governo tibetano in esilio si sono limitate a esprimere "cordoglio" ed accusare come da prassi il governo cinese, senza alcun accenno al fatto che atti di violenza e suicidi dovrebbero essere vietati secondo le leggi del buddismo tibetano, come del resto lo stesso Dalai Lama aveva ribadito a seguito di un episodio simile ma isolato avvenuto nel 1998, prima che tale usanza divenisse strategia.
E' lo stesso Norbu che si compiace che

"This time around the Dalai Lama has not made any direct statement about the self-immolations, and the exile-administration has not called for it to be stopped. I am grateful for this reprieve, but I’m not holding my breath. Yet perhaps, finally, the leadership of the struggle has truly passed on to those willing to die for it."

In un mondo ideale, dovrebbe essere chiaro a tutti che tali tragiche e distorte pratiche non giovano a nessuno, ovviamente non al governo cinese, né alla causa tibetana né soprattutto ai giovani monaci tibetani. E ciò potrebbe essere un'occasione per trovare un punto di incontro tra RPC e CTA, con l'interesse comune di fermare i suicidi e allentare la tensione. Ma nel mondo reale nessuna delle parti in causa è interessata a trovare soluzioni di compromesso. Non il governo cinese, patologicamente incapace di comprendere come andare oltre al pragmatismo anti-ideologico che tanti traguardi ha permesso di raggiungere, ma non di conquistare i cuori oltre alle menti, dei tibetani cosi come di buona parte del resto del mondo.
E non il Dalai Lama, indaffarato a trovare il modo di continuare la propria lotta in condizioni sempre meno propizie, arrampicandosi sugli specchi per trovare il modo di mantenere il controllo anche dopo la propria uscita di scena, affermando che il governo cinese non ha diritto a scegliere il suo successore in quanto ateo. Accusando quindi la Cina di "doppi standard" non rendendosi conto dell'ironia che provoca tale affermazione se seguita da quella per cui la successione per reincarnazione del Dalai Lama o meno verrà decisa, in un curioso mix di usanze religiose ancestrali e teorie politiche moderne, in maniera democratica dal "consiglio dei saggi", e comunque non è detto che il Dalai Lama debba reincarnarsi in un neo-nato, potrebbe anzi scegliere di trasferire i propri "poteri mentali" ad un'altra persona già adulta. Insomma, un avvicinamento alle pratiche cattoliche del papato, molto più pratiche dal punto di vista della trasmissione del potere. Niente di strano in un mondo post-moderno post-coloniale, né più né meno di un governo dichiaratamente ateo che voglia scegliere (come peraltro è avvenuto almeno dal '700, quando il Tibet era un protettorato cinese, fino al collasso e perdita di controllo del territorio della Cina all'inizio del XX secolo) il successore di una casta religiosa.