domenica 13 aprile 2008

riflessioni dalla lettura di un articolo del prof. Cammelli

Questo mio commento, in risposta ad un articolo del Prof. Cammelli postato sul blog di Fabio Cavalera, è apparso sul suddetto blog in data 20/03. Qui ne riporto una versione leggermente modificata.

prima di tutto, per riallacciarmi ai contenuti dell'articolo del prof Cammelli, vorrei aggiungere un commento alla frase
"Nessun dubbio che i manifestanti in India reclamassero l’indipendenza del Tibet, ma la reclamavano anche quelli di Lhasa? "

io credo che esaminando la faccenda da un punto di vista politico la risposta a tale domanda potrebbe risultare diversa. Le manifestazioni, in India e in Nepal così come in Cina, sono state organizzate da una serie di ong, la maggioranza delle quali con sede a Dharamsala, riunite ufficialmente sotto la sigla di Tibetan People’s Uprising Movement, il cui obiettivo è dichiaratamente l'indipendenza del Tibet, inteso come tutto il territorio abitato dalla minoranza tibetana, comprese quindi zone delle province del Qinghai, Gansu, Yunnan, e Sichuan. Insomma il loro scopo è quello di formare uno stato teocratico su base entica.
Non è possibile attribuire con certezza le violente dei manifestanti al TPUM, e non è altrettanto certo che le violenze fossero premeditate, ma perlomeno altrettanto implausibile è pensare che i violenti fossero infiltrati del governo cinese (tantomeno di quello di taiwan..), anche perché dalle immagini disponibili abbondantemente su internet si percepisce chiaramente lo stato di agitazione di alcuni dei manifestanti (es. il video della bbc sul sito del TPUM, da guardare senza audio ovviamente). Inoltre molte immagini mostrano manifestanti attaccare poliziotti, mezzi e personale dell'esercito, difficile che siano stati agenti infiltrati.

Anche la considerazione finale dell'articolo
"Che un partito di questo livello e di questa straordinaria qualità si sia fatto sorprendere dall’azione di alcuni monasteri tibetani e sia stato posto sulle difensive dal segreto tramare del retrivo clero tibetano e dalla cricca del Dalai Lama riesce, francamente, molto difficile a credersi. Quasi impossibile. Anzi,impossibile."

mi suggerisce qualche considerazione, infatti anche io non credo che il governo cinese si sia fatto sorprendere, nè d'altra parte che sia stato posto sulle difensive.
Il fatto che tutte le immagini disponibili non mostrino alcun tipo di violenza commessa dalle forze dell'ordine cinesi (sia che tali violenze siano in realtà avvenute, sia che non lo siano) significa che direttive precise e "studiate a mente lucida" siano arrivate dall'alto prima ancora dello scoppio delle violenze. Plausibile quindi che il PCC non si sia affatto fatto sorprendere. Anche il fatto che il PCC sia sulle difensive è ancora da vedere, bisognerà stare attenti agli sviluppi della situazione, e che fine faranno, una volta calati i riflettori, i simpatizzanti del TPUM.
Alcuni su internet propongono un'interpretazione per cui paradossalmente sarebbe il Dalai Lama la parte più danneggiata dalle violenze in Tibet, che ora sarebbe costretto a scegliere se schierarsi dalla parte degli "indipendentisti radicali" del TPUM o scegliere di dialogare col governo cinese, probabilmente col risultato di compromettere ulteriormente la sua posizione di forza.
Anche perché, così come è difficile pensare che il governo cinese non avesse alcun tipo di sentore su quello che stesse per accadere, altrettanto improbabile è pensare che il Dalai Lama, dall'alto del suo oceano di saggezza, non avesse alcun "presentimento" a proposito. Anche considerando che i leader del TPUM e il Dalai Lama sono "vicini di casa" a Dharamsala e frequentano lo stesso giro di "amicizie" (leggi finanziatori).

L'ultima frase, data la lunghezza già raggiunta dal post, che vorrei quotare, per cambiare un attimo l'argomento di riflessione, è
"Si può anche concordare col governo cinese che questo irrigidimento sul Tibet e la Cina sia persecutorio e non conosca uguale determinazione per altre analoghe vicende"

Io credo che le vicissitudini avvenute debbano servire anche a far riflettere coloro che lavorano nel campo dei media. Dall'inizio delle manifestazioni si è parlato a caratteri cubitali su tutti i giornali di massacri e centinaia di morti, senza avere materialmente prove concrete, senza essere al riparo da perlomeno ragionevoli dubbi. Sono presenti su internet numerosi siti che mostrano le inesattezze e le supposizioni date come verità, tutte miranti a dipingere una realtà dei fatti strumentale alla proliferazioni di polemiche sulla Cina, i diritti umani e le olimpiadi da boicottare. Tutti intenti lodevoli, per carità, nessun intento provocatorio, ma credo che professionisti dei media non debbano compromettere l'obiettività e la trasparenza delle proprie fonti, come si dice, non credo che in questo caso "il fine giustifichi i mezzi" se i mezzi comportano uno scadimento della qualità del proprio lavoro.
Oltre a ciò, aggiungo l'opinione personale che sia estremamente pericoloso fomentare la contrapposizione tra Occidente e Cina, e in tal senso le minacce di boicottaggio sono sicuramente considerate come un affronto personale verso la stragrande maggioranza dei cinesi (perlomeno quelli che sanno cosa siano le olimpiadi..), che non hanno certo bisogno di ulteriore aiuto, oltre a quello già fornitogli dal governo, per aumentare il nazionalismo ed il risentimento verso l'occidente "che sempre disprezza dall'alto del suo piedistallo"..
Passa una sottile linea tra lecite pressioni per spronare governo e società cinese al miglioramento dei diritti umani e spinte verso baratri nazionalistici e "scontri di civiltà" con esiti potenzialmente disastrosi.
Io penso che spesso i giornalisti occidentali (purtroppo quasi nessuno escluso, specialmente tra i "mainstream") attraversino con troppa disinvoltura tale linea, forse incuranti di tutte le conseguenze a cui tale atteggiamento possa portare.

ancora un paio di link interessanti:

qui si trova il manifesto del TUPM.

e qui il prof Cammelli fa qualche riflessione su stampa e Tibet che io trovo condivisibili.


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